mercoledì 18 gennaio 2012

DAL CAPITALISMO DEGLI STATI AL CAPITALISMO MONDIALISTA.

Gli anni 80 del XX secolo si conclusero con la morte della caduta del muro di Berlino e la morte del Comunismo.
Gli anni 10 del nuovo secolo si sono aperti con la crisi del capitalismo e la crisi della globalizzazione.
Nessuno ha rimpianto il Stalin. Se il capitalismo, ormai in agonia, scomparirà, nessuno rimpiangerà Obama o la Merkel, per quanto siano il “meno peggio” che c’è in giro.
Al loro posto si fa spazio il Governo di Bilderberg e della Trilaterale. I grandi capitalisti superano gli stati e li dominano, imponendo il loro interessi intrecciati tra lobby dei farmaci, del petrolio, dell’informatica, delle materie prime a buon mercato, e naturalmente, delle banche.
Il governo mondialista dei derivati: una ricchezza virtuale che sta schiacciano e schiavizzano la vita reale.
Quand’ero ragazzo veniva distribuito gratuitamente il giornale “Arengo” della Libera Democrazia Mondialista, dove l’Arengo era l’assemblea dei cittadini che discutevano e decidevano del loro futuro, tutti insieme. Una visione un po’ romantica e, per i tempi, decisamente utopistica.
Oggi, invece, l’Arengo si è materializzato nelle riunioni annuali del Bilderberg. Ma è una Arengo d’elité dove i cittadini sono merce di scambio e dove vige il cinismo più assoluto: gli affari sono affari.
Come diceva mio nonno: “Ppi ri sordi si vinnissiru a mamma e ra mugliera!”. Per i soldi si venderebbero la mamma e la moglie.
E così sta accadendo. Assistiamo, indifferenti, come se la cosa non ci riguardasse, alla svendita totale dei valori umani, al cinico baratto delle nostre vite quotidiane a favore di una ricchezza sfrenata a vantaggio di pochissimi. E per gli altri c’è il ritorno, lento, inesorabile, allo schiavismo.
Fabbriche che chiudono, lavoratori a spasso, precariato assoluto, nessuna sicurezza. Eppure, intorno, ti guardi, e tutto sembra normale. La gente passeggia per il corso, i negozi aperti e luccicanti pieni di merce, gli ipermercati stracarichi che si moltiplicano, i cinema affollati, i fine settimana tutti al mare. Tutto normale. Apparentemente nulla. La vita scorre come se niente fosse, con una forzata indifferenza. L’ansia per il domani celata dietro un bicchiere di vino o una partita a carte, il rimpianto delle cose passate perché “niente è più come prima”, l’attesa di un domani sempre più incerto. Tutti a girare la faccia dall’altra parte per non vedere, per non sentire. Perché la verità potrebbe fare molto male, molto più di quanto ti aspetti.
E nell’attesa, si consuma l’esistenza di una comunità abituata, nei secoli, ad assistere al passaggio della Storia con rassegnazione, quasi con indifferenza, come avvolti in un nebbia soporifera che rende tutto più sopportabile. Il silenzio, a volte, è l’unica risorsa contro la paura del cambiamento, il nuovo che spaventa, l’incognita del rinnovamento.
Continueranno i nostri figli la politica pavida dei loro padri e discendenti, o c’è qualche speranza? Il nuovo Arengo potrebbe essere la Rete, il Web 2.0, dove ognuno conta uno e dove ognuno è attore e protagonista nello stesso momento. Dove il potere delle multinazionali si diluisce nella ragnatela del www.
Ma quando guardo tanti giovani chattare sui vari Social Network infusi nelle loro banalità o intenti solo a “cazzeggiare”, mi viene un nodo alla gola: riusciranno ad essere protagonisti del cambiamento, o finiranno fagocitati dai guardiani del potere economico?
Non abbiamo altra alternativa alla speranza. E’ ciò che ci resta prima della resa.