martedì 21 giugno 2011

IL SOGNO SFUMATO DEI PADRI FONDATORI


Divisi su tutto, uniti su niente, tenuti insieme dal collante della moneta unica che comincia a dare segni di cedimento, assediati dal debito pubblico dei paesi “maiali” (PIGS in inglese che sta per Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) gli Stati dell’Europa Unita di oggi sono ben lontani dall’immagine presente nei sogni dei padri fondatori.
Gian Enrico Rusconi, su “La Stampa” del 24 maggio u.s., scrive:
“E’ come se l’Europa non esistesse più. Parlo dell’Europa che abbiamo sperato: l’istituzione garante della civiltà, della solidarietà, del benessere. Ricca di prestigio internazionale, quasi un modello per i popoli emergenti, in particolare dell’area mediterranea. Era il sogno dei fondatori, il sogno di Altiero Spinelli (nella foto), anche se nessuno di loro lontanamente immaginava la situazione odierna”.
Le ultime acrobazie sul fallimento della Grecia prossimo venturo o sui raid libici fortemente voluti dalla Francia e stigmatizzati dalla Germania, danno l’idea di come si è lontani anni luce dal quel sogno. L’avere voluto a tutti costi un’unione monetaria prima che una vera unione politica, l’aver forzatamente unito le economie di 27 paesi così diversi tra loro, ora sta presentando il conto. Ed è un conto salato. In gioco c’è la stessa sopravvivenza dell’Unione e dei valori che sono stati la forza alla base della sua fondazione. Valori persi nel marasma degli interessi di bottega che da sempre hanno diviso gli stati europei: persi nella banalità dei loro summit, ridotti al rango di incontri per alimentare accordi sottobanco, soffocati dagli interessi trasversali delle vari lobby affaristiche, i rappresentanti dei vari stati sembrano marionette col sorriso stampato sulla faccia ad uso di nascondere le  mani in pasta. Il povero Spinelli si starà rivoltando nella tomba nel mentre aleggiano i nostalgici della dracma, della pesentas o della lira.
Ma indietro non si torna: proclamano a voce alta, tenendo ben strette le mani sul portafogli.
Dove arriveremo? Si accettano scommesse. Chi può, cominci a salvarsi fin d’ora. Il futuro è un’equazione a 27 incognite.

giovedì 16 giugno 2011

I GENERALI DALLE CROCI SCARLATTE


I militari… che balle! Credere, obbedire, combattere. L’obbedienza è la mamma della schiavitù. L’Assurdo, squallido, arrogante e prepotente ordine militaresco serve solo ai potenti per fare i propri comodi, ed ai piccoli, poveri insulsi frustrati per sfogare le proprie frustrazioni sul prossimo più vicino. Poveri ragazzi che, per una paga mediocre, rischiano la pelle. Anche questa è la crisi. In America la maggior parte dei soldati impegnati in Iraq ed Afganistan, vengono da famiglie povere o disgraziate. Vengono buttati in pasto ai leoni, vengono drogati dalla disciplina e il loro cervello viene lavato con perlana affinché diventino burattini in mano a Generali senza scrupoli. “Dove sono i Generali che si fregiarono, nelle battaglie, con cimiteri di croci sul petto” cantava il grande Faber. Affogati nella solennità di insulse cerimonie, tronfi di stendardi e patacche scarlatte, i Generali di oggi, come quelli di ieri, inneggiano alla solennità dei loro eroi di carta e, preziosi gregari pagati a peso d’oro, tirano la volata ai “soci vitalizi del potere ammucchiati, in discesa, a difesa della loro celebrazione” (sempre il grande Faber). Non fatevi ingannare dai loro riti di fumo. Il soldato è la vittima predestinata del potere che si serve di lui per far proliferare i propri interessi. A chi son serviti i morti di Nassirya? E quelli di Herat? E quelli che ci saranno? Non certo alle famiglie a cui, oltre agli affetti, hanno spesso tolto anche l’unica fonte di sostentamento. Non certo alla gente comune cui non frega un tubo dell’Afghanistan o dell’Iraq impegnata com’è a spaccare il capello in quattro per far quadrare i conti.
Quando l’esercito combatte, gli unici a guadagnarci sono le commesse militari e, nel caso dell’Afghanistan, anche i mercanti d’oppio. Non a caso, negli ultimi dieci anni, dopo l’11 settembre, l’industria bellica americana ha avuto un incremento pazzesco. Gli USA spendono miliardi di dollari in armamenti e poi non ci sono i soldi per la carta igienica nelle scuole!
Siete proprio sicuri che fare il soldato serva a difesa della Patria???

lunedì 13 giugno 2011

GRAZIE TONINO !


Ce l’abbiamo fatta! Il tam tam in rete, che è andato avanti nelle ultime settimane infittendosi sempre di più, è servito. Ma, in questo momento di entusiasmo, bisogna ricordare che uno ed uno solo è il vincitore assoluto di questo referendum. Si chiama Antonio Di Pietro da Montenero di Bisaccia, ex magistrato, fustigatore, ieri, della prima (corrotta) repubblica, fustigatore, oggi, della (ancora più corrotta) seconda. Se non fosse stato per la sua caparbietà, per la sua forza di volontà indomita ed indomabile, per averci creduto quando non ci credeva nessuno (dove eravate ondivaghi del PD mentre si raccoglievano le firme?), per aver raccolto da solo le firme, deriso da destra e da sinistra, oggi non saremmo qui a festeggiare una grande vittoria di popolo. Un popolo che viaggia verso quella rivoluzione culturale auspicata a più riprese da De Magistris (figlio politico di Tonino). Ma questo è un altro discorso e ne parleremo domani. Oggi, nella festa e nella gioia di aver detto NO all’arroganza di una classe politica ottusa e prepotente, un solo grido:
GRAZIE TONINO !

martedì 7 giugno 2011

BORIA CHI MOLLA


Il mitico Formigoni, noto per la sua boria, non molla. La Lombardia non vuole centrali nucleari sul suo territorio. Bene. Ma al referendum, lui, il boriuomo, non andrà a votare. Detto da lui, anim’e core di CL (Comitato Liberiaffari) , sembra quasi un ordine di scuderia. Mentre la Chiesa, con le sue mille anime si schiera per il SI, lui, per non dare un dispiacere al suo socio Re Silvio I, fa il cerchiobottista. Le centrali nel suo regno lombardo, no (il che porta voti), ma il via libera al socio ­- per farne di nuove ­- si.
Anche per lui, come per Padre Pio, il dono dell’ubiquità, ovverosia, il piede in due staffe in attesa di saltare in groppa al cavallo vincente.
Riuscirà il nostro eroe a superare l’ennesima prova di equilibrismo politico?
Ai posteri del lunedì pomeriggio, l’ardua sentenza.

lunedì 6 giugno 2011

I CERCHIOBOTTISTI DELLE BANDIERE BIANCOROSSE


No, non si tratta dei tifosi del Vicenza o del Rende. Nemmeno di quelli della Triestina (quelli delle sagome di cartone….). Parlo del partito nato dalla fusione della ex sinistra DC e dell’ex destra DS, oggi, con esagerato ottimismo - che sfiora la voluttà – Partito Democratico che, per idea e speranze (mal riposte) di Walter Veltroni e Romano Prodi, avrebbe dovuto essere di ispirazione Clintoniana. Ma se, come dice il vecchio proverbio “A volte due cattivi fanno un buono”, questa volta due non proprio cattivi, ma neanche tanto buoni, hanno fatto un pessimo. Un pessimo partito che non sa da che parte stare. Dice di essere di sinistra, ma fa la corte ai centristi e fa affari con Re Silvio I. Dice di essere progressista e appoggia il ritorno al nucleare (Bersani minindustria docet) per poi fare inversione ad U. Non muove un dito per raccogliere le firme per il legittimo impedimento (grazie IdV!) ed ora salta sul carro dei (al momento solo moralmente) vincitori (nella speranza che col raggiungimento del quorum siano anche vincitori effettivi). Dice si all’acqua pubblica, ed i suoi amministratori locali hanno fatto affari con le acque private (senza contare che fu il Governo Prodi a dar manforte alla privatizzazione dell’acqua).
Insomma, un po’ di qua’ e un po’ di la’, come va il vento. Il partito banderuola, sempre sulla cresta dell’ondivago, ora alla caccia di voti moderati, ora a caccia di voti riformisti. Il risultato, fino ad oggi, è una lenta e costante emorragia di voti, come l’epistassi di cui soffrivo da adolescente e che segnò le mie giornate fino alla maturità.
 Non ci resta che sperare che il PD, con la maturità (se mai ci arriverà) riesca a fare una scelta chiara e precisa finendola col giochino di dare un colpo al cerchio e uno alla botte per stare in mezzo al guado: né di qua né di là. Anche perché, purtroppo, per ora, senza il PD non si va da nessuna parte.
Auguri.